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La storia turistica della Costiera Amalfitana

In una zona quale la Costiera Amalfitana è difficile viaggiare con sguardo imparziale: si giunge in questi luoghi carichi di aspettative create ed alimentate dalle esperienze di generazioni di viaggiatori e dai racconti, dai quadri, dalle creazioni degli artisti.
«Non c'è mai stato niente di più bello sulla terra» si entusiasma in un monologo il protagonista della Politische Novelle di Bruno Frank (1928), alludendo al panorama sul golfo di Salerno che si può ammirare da Ravello. Oggi simili immagini non vengono veicolate solo dalla letteratura, dai dipinti, dalle arti figurative in genere: alla diffusione dell'immagine locale contribuiscono i giornali, le riviste, i documentari, i dépliant, le reti della comunicazione globale. Mezzi potenti e pervasivi, che sempre più creano aspettative e motivazioni, suggeriscono approcci, influenzano atteggiamenti. E tuttavia, i visitatori continuano ad essere influenzati anche dal giudizio dei propri predecessori: viaggiatori vicini o lontani per periodo storico di appartenenza, per provenienza geografica e formazione culturale. Spesso viaggiatori famosi, veri osservatori d'eccezione.
Le prime forme di turismo in Costiera Amalfitana risalgono al lontano passato, precisamente al I secolo d.C., quando secondo il geografo Strabone la costa era ancora incontaminata e disabitata: a questo essa doveva il proprio aspetto "divino". L'unico centro abitato era Marcina, che secondo alcuni corrispondeva all'attuale Vietri sul Mare. Già allora, la Costiera era meta privilegiata dei nobili che incantati dai luoghi iniziavano a costruirvi sontuose ville marittime. Erano gli albori di quello che alcuni definiscono «turismo imperiale»._1 Tutto ciò è comprovato dai recenti ritrovamenti archeologici, tra i quali spicca la Villa Archeologica Marittima Romana situata a Minori e scoperta per un caso fortuito nel 1932. Nel centro di Amalfi è stato ritrovato un ninfeo romano risalente al I secolo d.C., con ogni probabilità un tempo collegato ad un'altra villa. La presenza di ville rustiche è stata riscontrata nelle località Polvica, Cesarano e Pietre di Tramonti, nonché a Ravello. La maggior parte di queste ville, tanto marittime quanto rurali, fu ricoperta dal materiale lavico eruttato nel 79 d.C. e trasportato a valle dalle piogge e dalle alluvioni.
Fu solo molto tempo dopo che le stesse incantevoli zone tornarono ad affascinare personaggi del calibro di Boccaccio, che nel Decameron le esalta come le più dilettevoli parti d'Italia: la Costiera divenne così lo scenario della novellistica trecentesca e rinascimentale.
Nuova fama le derivò in tutta Europa per aver fornito lo sfondo alla tragedia della duchessa di Amalfi, come patria dell'inventore della bussola Flavio Gioia e, più tardi, del celebre capopopolo Masaniello.
Il viaggio vero e proprio si inaugurò tuttavia solo con l'avvento del periodo romantico e precisamente con il Grand Tour sette-ottocentesco, del quale l'Italia divenne tappa e meta privilegiata.
All'epoca, nonostante già esistessero produzioni artistico-letterarie ispirate alla Costiera, essa rappresentava ancora l'ignoto, la scoperta del nuovo, l'incontro con l'antichità e la natura. Tali motivazioni erano destinate a rafforzarsi sul finire del Settecento grazie agli stimoli derivanti dalla nuova temperie culturale, cui contribuivano ricerche scientifiche e gli interessi archeologici suscitati dai ritrovamenti di Paestum, Pompei, Ercolano.
Terminata la fase dei viaggi di formazione che avevano connotato il Tour nella prima metà del Settecento subentrano sentimenti e atteggamenti nuovi, che trovano il proprio spazio nelle mutate prospettive che animano la presenza del Winckelmann in Italia nel 1755, dello Sterne che nel 1768 pubblica il suo Sentimental Journey, dello Swinburne giunto nel 1777 sulla costa d'Amalfi e, soprattutto, di Goethe. Affermatosi e rafforzatosi sotto la cortina del Romanticismo con osservatori del calibro di Gissing, Lear, Strutt, Leonormant e Gregorovius e spingendosi fino a Douglas, il nuovo atteggiamento ha condotto ad una riconnotazione del viaggio, che trova ora nel fascino della natura e dei paesaggi la propria principale ragione d'essere.
Tra gli aspetti storici, artistici e antropologici, il paesaggio diventa prioritario nel richiamare l'attenzione dei viaggiatori sulla Costa d'Amalfi. È a contatto con il paesaggio ricco e variegato di questi luoghi incontaminati e suggestivi, esplosivi per la luce ed i colori che li avvolgono e al tempo stesso solidariamente implosivi in certi angoli frastagliati e rocciosi, che il viaggiatore si trova a cavalcare il sentimento di un'empatia con la natura, viatico per quel ritrovamento dell'Io che è sentiero battuto e ricercato da tanta cultura romantica.
La Costiera Amalfitana - tra l'altro piuttosto isolata prima della costruzione della strada che oggi la percorre da Vietri a Positano - venne davvero scoperta solo a partire dalla fine del XVIII secolo, quando l'immagine del vagheggiato e ricercato paesaggio ideale assunse i tratti di un paesaggio puro, nativo, selvaggio. In questo senso, il vantaggio della Costiera Amalfitana consisteva nella capacità di offrire, concentrata in poco spazio, una molteplicità e varietà di ambienti che spaziavano dal mare agli scogli a picco, alle valli isolate, alle cascate, alle alte montagne. A completare tutto ciò vi erano le torri diroccate lungo la costa, che andavano a formare un tutt'uno che arricchiva il paesaggio del fascino e della suggestione della storia. E questo destava un romantico rimpianto per i tempi passati, richiamando alla memoria il tempo fugace e la caducità delle cose umane.
L'insieme delle bellezze paesaggistiche era stato colto benissimo e testimoniato già nei primi anni del Settecento dall'illuminista Swiburne, che parlando di Maiori scriveva: « [...] Le parti più alte delle montagne che racchiudono questa valle sono ricche di querce sempreverdi di una taglia minuscola; il sottobosco copre i fianchi, viti e giardini pensili di alberi di arancio riempiono la regione inferiore [...]». È senza dubbio la visione attenta di un naturalista, priva ancora di anelito spirituale ma pronta a darsi come espressione di una sopraggiunta consapevolezza dei luoghi visitati.
Diverso sarà l'approccio preromantico apertosi tra le categorie del Sublime e del Pittoresco, che mirerà a mostrare i segni di un rinnovato modo di guardare la natura, le cose, i luoghi. Si tratta di una partecipazione emotiva ad un presente ricco e pulsante contrario ad ogni immobilismo temporale, che solo nella seconda metà del secolo finirà talvolta per scadere nella reiterazione di se stessa, nell'abuso della memoria e dei luoghi comuni sedimentati.
È proprio questo nuovo approccio che per tutto l'Ottocento contribuisce ad incrementare, diffondere e radicare il mito della Costa d'Amalfi, fino ad includerla tra le pagine di un'industria culturale che inevitabilmente ne trasforma l'immagine in topos.
A partire dal Settecento si registrano, nell'ambito dei resoconti di viaggiatori animati da motivazioni, interessi e finalità differenti, numerose testimonianze di viaggio che hanno per oggetto la Costa. Un esempio è dato da quanto scrive il barone Richard Keppel Crafen, che nel 1818 si inoltra a Sud della capitale e così ricorda il suo viaggio: «Ero stato così tante volte a Salerno che preferii trascorrere la notte a Vietri, una cittadina lontana circa un miglio. Per la sua magnifica posizione e salubrità della sua aria è una delle più belle residenze estive nelle vicinanze di Napoli, anche se generalmente le viene preferita Castellamare».
Come si è detto, la Costiera deve la propria vera scoperta all'epoca romantica e alle sue categorie estetiche: solo all'inizio dell'Ottocento diventa un luogo che merita di essere visitato. Anche se ancora difficilmente accessibile, nel giro di pochi decenni la striscia presso il golfo di Salerno diviene una delle mete meridionali più ambite tra gli scrittori, i paesaggisti, i pittori, gli architetti e tutti gli altri viaggiatori provenienti dall'intera Europa. A testimonianza di questo vi sono i numerosi dipinti che ritraggono la veduta dal convento dei Cappuccini o la valle dei Mulini, e non vi è pinacoteca importante da Oslo a Innsbruck, da Parigi a Pietroburgo che non conservi nelle sue collezioni un angolino della Costiera Amalfitana.
Soggetti preferiti dagli artisti sono i fondali chiari, gli scogli a picco, la costa frastagliata, gli anfratti, tutti elementi di un paesaggio solitario e affascinante. L'individuo si ritrova in questo paesaggio selvaggio ed effettua una ricerca introspettiva, va alla ricerca di se stesso nella natura che lo circonda ed è proprio in questa che scopre la propria solitudine e assapora lo struggimento romantico. Amalfi e gli altri piccoli borghi della Costa diventano il luogo ideale, un romantico locus amoenus che sembra fatto apposta per accogliere simili stati d'animo.
Nella seconda metà dell'Ottocento si sviluppano nuovi modelli culturali: l'orientalismo, l'esaltazione del mondo moresco, del suo esotismo e della sensualità pagana, e tutto ciò comporta una ridefinizione degli interessi dei viaggiatori stranieri. Ora è soprattutto Ravello ad affascinare i visitatori con le sue architetture arabo-normanne. «Ad un tratto, in mezzo a queste rocce selvagge, ci trovammo dinanzi ad una città moresca che con le sue torri e case dai fantastici arabeschi offriva un aspetto completamente arabo»: così Ferdinand Gregorovius descrive Ravello nelle sue Passeggiate in Italia._2 La gente del posto aveva imparato velocemente a soddisfare le richieste e le aspettative dei turisti. «Signora [...] you would not leave without seeing the Moorish Castle»: con queste parole, nel 1858, la scrittrice inglese Julia Kavanagh viene assillata dal suo cicerone Luigi Milone per continuare la passeggiata attraverso Ravello. Il "Moorish Castle" non era nient'altro che la medievale Villa Rufolo!"._3
La Costiera diviene così meta dei turisti attratti dal suo aspetto orientaleggiante e viene percepita e considerata come un luogo di sensualità e seduzione, sede di inquietanti mondi onirici evocati dall'inconscio. Il tedesco Parsifal, cavaliere del Santo Graal, incontra la seduzione erotica proprio nel ravellese "giardino magico di Klingsor"; il francese Michel, l'asceta calvinista dell'Immoraliste di Andrè Gide, scopre sotto il sole di Ravello i piaceri della carne e dell'immortalità;_4 e l'inglese Eustace, il bel ragazzo della Story of a Panic di E.M. Forster, cade vittima tra i castagneti di Ravello del fascino mortale del grande Pan._5
Ad accrescere l'importanza turistica della Costiera Amalfitana venne poi la costruzione della statale 163, che collega Vietri sul Mare a Positano e che venne completata solo nel 1853. La statale è un capolavoro della tecnica, una delle strade più straordinarie d'Italia, perfettamente incastonata nella roccia e tuttora essenziale per le comunicazioni. Prima della sua costruzione, quanti volevano raggiungere la Costiera dovevano prendere una barca da Vietri fino ad Amalfi, dove non era nemmeno possibile attraccare e si veniva quindi trasportati sulla terraferma sulle spalle dei rematori. La costruzione della strada ruppe l'isolamento, facilitando e incoraggiando l'arrivo dei numerosi forestieri.
Anche se attraverso il riflesso del "già visto", la fortuna turistica della Costa d'Amalfi continua e arriva fino all'inizio del XX secolo. L'immaginario novecentesco trasformerà il viaggio in Costiera in un'avventura moderna, rimodellando il dialogo con questi luoghi nelle forme di una nuova percezione estetica.
È dunque un campionario di visioni, quello derivato dalle osservazioni di letterati, disegnatori e pittori, a presiedere alla diffusione del mito della Costa d'Amalfi. Le testimonianze e le frequentazioni degli artisti concretizzano l'immagine del viaggio contribuendo tra l'altro ad incentivare l'interesse per la natura, vista non più come natura ideale ma come forma reale, concreta del paesaggio.
Se quindi nella seconda metà dell'Ottocento si era diffusa l'attrazione per il viaggio inteso come mezzo conoscitivo e creativo, nella prima metà del Novecento comincia a svilupparsi, dapprima limitatamente all'élite e coinvolgendo in seguito anche gli strati sociali meno facoltosi, un vasto movimento di persone animate da motivazioni sempre più ispirate all'edonismo.
Nei primi anni del XX secolo, accanto alle immagini di un Sud "romantico" e "orientale" compaiono quelle di un Meridione "cosmopolita", legate soprattutto ad una precisa località della Costiera: Positano. Allora semi-spopolata a causa dell'emigrazione, Positano deve la propria iniziale scoperta ai turisti che soggiornavano a Capri e al loro passaparola, il cui scopo principale era quello di evitarsi a vicenda. Infatti, nel marzo 1902 Paul Klee scrive in una lettera alla famiglia: «Darei la preferenza a Positano rispetto ad Amalfi perché non è troppo affollata»._6
Negli anni Venti e Trenta il piccolo, semplice villaggio di pescatori ancora del tutto estraneo ad ogni forma di mondanità diviene un luogo di forte attrazione per artisti, scrittori, dissidenti politici, edonisti e stravaganti di mezzo mondo in cerca di fortuna. Pittori come Fortunato Depero, Carlo Carrà, Adolf Erbslöh, Richard Seewald, Kurt Craemer o Mauritius C. Escher sviluppano i propri linguaggi artistici traendo ispirazione dall'architettura e dal paesaggio della Costa di Amalfi. Walter Benjamin, Siegfried Kracauer ed Ernst Bloch, che arrivano a Capri e a Positano nel 1924, scoprono nella "luminosa inquietudine" del Sud la legge della "porosità". Nel periodo nazionalsocialista Positano si trasforma in un rifugio per gli emigrati politici, che come scrisse Stefan Andre volevano «nascondersi per un paio d'anni ai margini della storia sottraendosi alle sue sfide», e che di quella storia divennero invece parte.
La fama turistica di cui Amalfi godeva già nell'Ottocento fece sì che la cittadina disponesse già intorno alla fine del secolo di ben sei alberghi (spesso completi in alta stagione), con un numero complessivo di circa 230 posti letto. Si ha dunque un rapporto di 1:22 tra il numero di posti letto alberghieri e la popolazione residente: un rapporto stupefacente per l'epoca, che dimostra l'importanza economica assunta dal turismo in una località che dal Settecento registrava un declino inarrestabile della produzione manifatturiera, un tempo la principale attività economica locale. «Per quanto Amalfi sia ancora davvero povera e miserabile, gli alberghi sono in grado di offrire anche agli ospiti più raffinati tutte le comodità degli alberghi di prima categoria. Il turismo, particolarmente intenso in inverno e in primavera, è la principale fonte di guadagno della cittadina» scrive nel 1896 Woldemar Kaden, professore alla scuola tedesca di Napoli._7
Nello stesso periodo, Ravello offriva 3 alberghi con circa 90 posti letto e Positano 2 piccoli alberghi e pensioni, che salirono a 5 a partire dagli anni Trenta. Non esistevano altre località dotate di strutture alberghiere: solo negli anni Venti compaiono un albergo a Praiano e uno a Maiori. Il numero complessivo di posti letto in Costiera ammontava a circa 500, situazione che sarebbe rimasta inalterata fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Si dispone di pochi dati per stabilire quale fosse la durata media dei soggiorni. Da una consultazione del Registro degli ospiti dell'Hotel Caruso di Ravello si è ricavato per l'anno 1908 un periodo medio di soggiorno di 5 giorni, che corrisponde esattamente a quello del 1990. Già nell'Ottocento sembrerebbe quindi piuttosto diffuso un certo turismo veloce e di passaggio, simile a quello caratteristico dei giorni nostri.
Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, quando in Europa cominciò a diffondersi il "turismo di massa", iniziò anche in Costiera una nuova fase turistica destinata a produrre radicali mutamenti nella situazione locale.
Fino alla fine del secondo conflitto mondiale il turismo si era concentrato soprattutto ad Amalfi, Ravello e Positano (quantitativamente in quest'ordine). Negli anni immediatamente successivi la situazione cambia, perché iniziano ad affacciarsi timidamente anche le altre località: Maiori, Praiano, Minori, Vietri, Conca, Cetara, Scala e Furore (in quest'ordine per numero di pernottamenti). Si aggiungono poi Atrani e infine Tramonti, dove solo recentemente sono state aperte alcune aziende agrituristiche.
La connotazione turistica di una regione è sempre strettamente legata all'evolversi dei paradigmi estetici e dei modelli culturali dei visitatori. Ciò è vero anche per lo sviluppo successivo al 1945. Infatti, in questo periodo sono ben evidenti e riconoscibili i gusti e le nuove preferenze delle generazioni del dopoguerra, prima fra tutte il mito più celebre e amato del moderno turista di massa: la spiaggia.
È proprio alla trasformazione degli interessi dei turisti che deve la propria scoperta e rivalutazione un centro come Maiori, che con le sue spiagge ampie e comode incastonate nella costa altrove alta e rocciosa rappresenta un'eccezione nel contesto locale. Tutto ciò ha tuttavia comportato anche impatti negativi, perché il boom del turismo balneare associato all'intensa attività edilizia ha ridotto il litorale maionese "ad un'uniforme, compatta ed anonima palizzata": questa è la critica portata avanti dai gruppi di ecologisti locali che citano il caso di Maiori come esempio della devastazione ambientale provocata da una politica territoriale improntata all'indifferenza e alla speculazione edilizia. A Maiori si è comunque registrato un vertiginoso aumento del numero di pernottamenti, che tra il 1965 e il 1988 sono passati da 28.000 a 206.000. Alla fine degli anni Ottanta Maiori aveva addirittura superato Amalfi, divenendo per numero di visitatori il vero fulcro del turismo in Costiera.
A partire dagli anni Settanta hanno cominciato a diffondersi nuove tendenze. Ai centri più affollati hanno iniziato ad essere preferiti luoghi tranquilli e relativamente incontaminati, dove vivere esperienze il più lontano possibile dal turismo "di massa". È stata questa nuova ricerca a rendere possibile la scoperta di piccoli centri come Conca dei Marini e Praiano con le loro spiaggette isolate, o di comunità di montagna quali Scala e Furore, che fino ad allora erano rimaste ai margini degli itinerari turistici. Il crescente favore riscosso negli ultimi anni da questo tipo di vacanze è indicativo non solo delle nuove richieste avanzate dal mercato, ma anche di nuove opportunità che attendono di essere pienamente comprese e valorizzate.
Il nome di Positano continua ad essere associato al cosiddetto turismo d'èlite, grazie alla presenza di personaggi celebri e soprattutto alla fama che la vita lussuosa e l'ambiente cosmopolita della località hanno meritato. Questo piccolo borgo dispone del maggior numero di posti letto già dal 1965 e ha da tempo scalzato Amalfi anche sotto il profilo del prestigio.
La crescita del turismo e la sua diversificazione e segmentazione hanno comportato una redistribuzione dei punti di forza delle singole località. Amalfi ha ormai perso il suo primato a vantaggio di Positano - trasformatasi come si è detto da borgo di pescatori in località balneare di lusso - e di Ravello, rinomata sede dei concerti wagneriani; a Maiori confluiscono i turisti convogliati da agenzie di viaggio a buon mercato. Gli altri centri risultano ugualmente allettanti per la loro tranquillità e per un'offerta potenzialmente molto diversificata, che spazia dalle escursioni in montagna all'agriturismo, alla possibilità di visitare riserve naturalistiche. La varietà delle opzioni concentrate in uno spazio tanto piccolo contribuisce senz'altro a rendere la Costiera Amalfitana una delle regioni turistiche di maggior rilievo a livello europeo.
Tutto ciò era già evidente ai giovani rampolli che all'epoca del Grand Tour giungevano qui per assaporare l'esperienza di un unicum, attratti e motivati non dalla balneazione ma piuttosto dall'aura in qualche modo magica di cui la Costiera era circondata.
Il consumismo degli ultimi decenni, la massificazione del turismo, la pratica sempre più diffusa del "mordi e fuggi" assieme alla diffusione della motorizzazione ed alla ricerca di forme di divertimento dozzinali hanno portato allo snaturamento della storica immagine della Costiera e allo svilimento delle sue suggestioni paesaggistiche ed emotive.
A partire dagli anni Sessanta il fenomeno turistico ha subito un'ulteriore evoluzione. È iniziato il massiccio afflusso delle auto e dei pullman e la Costa non ha retto l'urto della massa. La nuova industria del viaggio si integra sempre più con la logica del consumismo senza tenere conto dei danni apportati al patrimonio artistico, ambientale, paesaggistico. Evidentemente, tutto ciò non può che ledere la fama e l'immagine che la Costiera Amalfitana ha saputo costruirsi in almeno due secoli di storia turistica.

 
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